Le registrazioni e i video col telefonino sono leciti e fanno prova in udienza
di Lucia Izzo – Le registrazioni audio e/o video effettuate da uno dei partecipanti al colloquio o da persona autorizzata ad assistervi costituiscono prova documentale lecita e utilizzabile nel processo.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 5241/2017 (qui sotto allegata). L’imputato, un brigadiere dei carabinieri, è accusato per aver indotto una prostituta ad avere rapporti sessuali e, abusando della sua inferiorità psichica, per aver indotto indebitamente una donna ad avere con lui in due circostanze rapporti sessuali.
Nel rigettare l’impugnazione, gli Ermellini evidenziano che gli elementi indicati dai due provvedimenti di merito, sono gravi, univoci e convergenti nell’indicare il ricorrente autore dei fatti, e di altri fatti anche più gravi ancora in accertamento, descritti nell’imputazione.
In particolare, per i giudici alcune considerazioni devono necessariamente svolgersi sull’uso delle registrazioni video e sonore nei casi di violenza sessuale. Infatti, nel caso in esame, l’imputato aveva anche filmato integralmente gli incontri sessuali con le donne (oltre a quelle di cui all’imputazione anche per altre), e dalla visione del filmato e dal contenuto del colloquio erano emersi in maniera inconfutabile (documentati dallo stesso indagato con i video) i gravi indizi dei reati in contestazione.
Nonostante le registrazioni siano, nel caso di specie, effettuate dall’indagato, per i giudici queste sarebbero potute ben essere realizzate dalla stessa vittima di violenze.
Le registrazioni, video e/o sonore, tra presenti, o anche di una conversazione telefonica, effettuata da uno dei partecipi al colloquio, o da persona autorizzata ad assistervi (che non commette il reato di cui agli atrt. 617 e 623 c.p., in quanto autorizzato), costituisce prova documentale valida e particolarmente attendibile, perché cristallizza in via definitiva ed oggettiva un fatto storico, ossia il colloquio tra presenti (e tutto l’incontro, se con video) o la telefonata.
Ancora, sottolinea il Collegio, la persona che registra (o, come nel caso esaminato, che viene filmata dallo stesso autore del fatto) è pienamente legittimata a rendere testimonianza, e quindi la documentazione del colloquio esclude qualsiasi contestazione sul contenuto dello stesso, anche se la registrazione fosse avvenuta su consiglio o su incarico della Polizia Giudiziaria.
Nel particolare caso di violenza sessuale in giudizio, le video registrazioni risultano particolarmente valide, per la ricostruzione oggettiva delle violenze. Infatti, secondo i giudici, le moderne tecniche di registrazione, alla portata di tutti stante l’uso massiccio dei telefonini c.d. “smartphone”, che hanno sempre incorporati registratori vocali e video, e di app dedicate per la registrazione di chiamate e di suoni, consentono una documentazione inconfutabile e oggettiva del contenuto di colloqui e/o di telefonate, tra il violentatore e la vittima.
Ancora, le registrazioni di conversazioni (e di vide ) tra presenti, compiute di propria iniziativa da uno degli interlocutori, non necessitano dell’autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell’art. 267 del c.p.p. in quanto non rientrano nel concetto di intercettazione in senso tecnico, ma si risolvono in una particolare forma di documentazione, non sottoposta ai limiti ed alle formalità delle intercettazioni.
Quanto precisato relativamente alla sede penale, inoltre, vale anche in relazione al processo civile, poichè le video registrazioni rappresentano prove documentali rientranti nell’ambito di cui all’art. 2712 c.c (riproduzioni meccaniche).
Va comunque sottolineato che la registrazione per essere validamente utilizzabile deve essere effettuata da uno dei protagonisti della conversazione: non è possibile, pertanto, l’estensione dei limiti di applicabilità della normativa codicistica in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali anche alle intercettazioni di conversazioni tra presenti o al telefono svolte non solo da un estraneo, ma anche da uno degli interlocutori della conversazione medesima.
Si tratta, infatti, di situazioni del tutto diverse fra loro e non si può equiparare la registrazione effettuata, sia pure occultamente, da uno dei protagonisti della conversazione, all’ingerenza esterna sulla vita privata costituita dall’intercettazione svolta per opera di un terzo.
Cass., III sez. pen., sent.n. 5241/2017