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Quando il decreto ingiuntivo non contiene alcuna motivazione in ordine alla qualifica, come consumatori o professionisti, dei fideiussori ingiunti

Tribunale Milano, 18 Maggio 2023. Est. Chieffo.

Fideiussore consumatore – Opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma ii c.p.c. – Decreto ingiuntivo definitivo – Legittimità opposizione tardiva – Fideiussione abi parzialmente nulla

In un procedimento di opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma II c.p.c., il ricorrente (fideiussore consumatore) ha sostenuto la fondatezza dell’opposizione pur a fronte del passaggio in giudicato del titolo posto alla base della procedura esecutiva (decreto ingiuntivo non opposto).


Il Tribunale di Milano, in adesione alle tesi del ricorrente, ha verificato, in linea con le recenti Sezioni Unite del 6/4/2023 n. 9479, che il decreto ingiuntivo posto alla base dell’esecuzione non contiene nel caso di specie alcuna motivazione in ordine alla qualifica, come consumatori o professionisti, dei fideiussori ingiunti e che il decreto non contiene, neppure, alcuna motivazione in ordine alla presenza o meno di clausole in ipotesi abusive. 


Fatte queste verifiche, il Tribunale meneghino individua nell’opposizione tardiva al decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 650 c.p.c., il rimedio esperibile dal consumatore/opponente, precisando che al giudice dell’esecuzione non competa alcuna valutazione della possibile fondatezza dei motivi di opposizione che involgano la questione del carattere abusivo delle clausole contrattuali su cui si fondi il credito portato dal decreto ingiuntivo non opposto, bensì il solo rilievo del “possibile carattere abusivo di una clausola contrattuale”, ovvero anche della insussistenza dell’abusività e il conseguente avviso al debitore in ordine alla possibilità di proporre opposizione; tenuto conto che nel caso di specie l’opponente aveva introdotto opposizione ex art. 615 comma 2, c.p.c., il Tribunale ha ritenuto opportuno sentire i debitori in ordine alla intenzione di avvalersi della eventuale nullità di protezione onde assegnare il termine di 40 giorni per l’introduzione dell’eventuale giudizio di opposizione tardiva (in linea con Cass. sez Un. cit. paragrafo 8.2.1.2.). (Francesca Greblo) (riproduzione riservata)


Segnalazione dell’Avv. Francesca Greblo

Fonte: IlCaso.it

Vietato pubblicare video e filmati della figlia minore sui social senza il consenso dell’altro genitore

Con ordinanza del 30 agosto 2021 il Tribunale di Trani si occupa della problematica inerente la pubblicazione di video e filmati di minori su social network, in particolare su TikTok, da parte di uno dei genitori senza il consenso dell’altro.

Il caso:  Tizio proponeva reclamo avverso l’ordinanza del giudice monocratico del Tribunale di Trani, con cui era stato dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 700 c.p.c., proposto dall’odierno istante per la condanna di Caia, coniuge da cui era legalmente separato, alla rimozione dai social network ed inibizione di pubblicazione di immagini e video della figlia minore di nove anni in quanto pubblicati senza il consenso del padre; in particolare, il Tribunale fondava la decisione di inammissibilità sulla mancata indicazione del giudizio di merito da instaurarsi a seguito dell’eventuale accoglimento della domanda cautelare.

Ritenuto ammissibile il ricorso, il Tribunale accoglie il reclamo, ritenendo sussistenti i requisiti del fumus e del periculum, e dopo aver ricordato la normativa nazionale, comunitaria ed internazionale in materia di tutela dei diritti e dell’immagine dei minori, osserva quanto segue:

a) nel caso di specie, non vi è prova del consenso del padre alla pubblicazione di tali video: non può trovare accoglimento la tesi difensiva di Caia secondo cui Tizio era a conoscenza della pubblicazione degli stessi avendo egli accesso al profilo della moglie; la possibilità di visionare un profilo social non equivale ad accettazione della pubblicazione di video e foto ritraenti la figlia minore;

b) la proposizione del ricorso cautelare, seppur a distanza di qualche mese dalla pubblicazione, è espressione del dissenso o mancato consenso, del genitore, nè può tener luogo del consenso l’intervenuta transazione in sede di separazione regolante aspetti patrimoniali dei rapporti familiari e non contenente alcun riferimento alla pubblicazione di foto e video sui social da parte dei due genitori;

c)  come precisato dalla giurisprudenza di merito, l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line, non potendo inoltre andare sottaciuto l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che taggano le foto on-line dei minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati;

d) pertanto, il pregiudizio per il minore è insito nella diffusione della sua immagine sui social network sicché l’ordine di inibitoria e di rimozione va impartito immediatamente, con contestuale condanna di Caia  a corrispondere la somma di € 50,00 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’ordine di rimozione nonché per ogni episodio di violazione dell’inibitoria, in favore della minore, da versarsi su conto corrente intestato alla medesima.

Fonte: AvvocatoAndreani.it

La scheda informativa del Garante per la tutela dei minori su Internet: lo sharenting

Il Garante per la protezione dei dati personali| con l’informativa del 14 marzo 2023, nell’affrontare la tematica dello sharenting, suggerisce ai genitori una serie di accorgimenti per limitare la diffusione online di contenuti che riguardano i propri figli.

Qui di seguito il contenuto dell’informativa:

“Con il termine “sharenting” si intende il fenomeno della condivisione online costante da parte dei genitori di contenuti che riguardano i propri figli/e (foto, video, ecografie, storie).

Il neologismo, coniato negli Stati Uniti, deriva dalle le parole inglesi “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità. La gioia di un momento da condividere, pubblicando l’immagine dei propri figli, è un’emozione comprensibile, ma allo stesso tempo è necessario chiedersi se ci sono rischi nell’eccessiva e costante sovraesposizione online.

Lo sharenting è un fenomeno da tempo all’attenzione del Garante, soprattutto per i rischi che comporta sull’identità digitale del minore e quindi sulla corretta formazione della sua personalità. La diffusione non condivisa di immagini rischia inoltre di creare tensioni anche importanti nel rapporto tra genitori e figli.

È dunque necessario che i “grandi” siano consapevoli dei pregiudizi cui sottopongono i minori con l’esposizione in rete (e quindi tendenzialmente per sempre) delle foto dei figli, anche in termini di utilizzo delle immagini a fini pedopornografici, ritorsivi o comunque impropri da parte di terzi.

Per questo, già dalla Relazione annuale 2021, l’Autorità ha proposto di estendere a questi casi la particolare tutela assicurata dal Garante sul terreno del cyberbullismo.

È bene riflettere sul fatto che postare foto e video di diversi momenti della vita dei minori, magari accompagnati da informazioni tra cui l’indicazione del nome o l’età o il luogo in cui è stato ripreso, contribuisce a definire l’immagine e la reputazione online.

Ciò che viene pubblicato on line o condiviso nelle chat di messaggistica rischia di non essere più nel nostro controllo e questo vale maggiormente nel caso dei minori. Quando qualcosa appare su uno schermo, non solo può essere catturato e riutilizzato a nostra insaputa da chiunque per scopi impropri o per attività illecite, ma contiene più informazioni di quanto pensiamo, come ad esempio i dati di geolocalizzazione.

Chiediamoci sempre se i nostri figli in futuro potrebbero non essere contenti di ritrovare loro immagini a disposizione di tutti o non essere d’accordo con l’immagine di sé stessi che gli stiamo costruendo.

È bene essere consapevoli che stiamo fornendo dettagli sulla loro vita e che potrebbero anche influenzare la loro personalità e la loro dimensione relazionale in futuro.

Se proprio decidiamo di pubblicare immagini dei nostri figli, è importante provare almeno a seguire alcune accortezze, come:

– rendere irriconoscibile il viso del minore (ad esempio, utilizzando programmi di grafica per “pixellare” i volti, disponibili anche gratuitamente online)

– coprire semplicemente i volti con una “faccina” emoticon;

– limitare le impostazioni di visibilità delle immagini sui social network solo alle persone che si conoscono o che siano affidabili e non le condividano senza permesso nel caso di invio su programma di messagistica istantanea;

– evitare la creazione di un account social dedicato al minore;

– leggere e comprendere le informative sulla privacy dei social network su cui carichiamo le fotografie”

Fonte: AvvocatoAndreani.it