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Natura delle somme elargite in vita dalla madre alla figlia convivente.

Avv. Anna Andreani

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18814 del 4 luglio 2023 si,pronuncia in merito alla natura delle elargiazioni in denaro effettuate dalla madre alla figlia convivente nell’arco di oltre vent’anni.

Il caso: Il Tribunale di Teramo, accogliendo la domanda di Tizio e Mevia, accertava la lesione della quota di legittima spettante agli attori in ordine all’eredità della madre per effetto delle donazioni fatte in vita dalla de cuius alla figlia Lucilla, con lei convivente dal febbraio 1981 sino alla morte della madre nel 2005; la convenuta veniva perciò condannata a pagare ai fratelli la somma di € 24.343,64.

La Corte d’Appello respingeva l’appello proposto da Lucilla, rilevando che:

  • la madre spendeva per il suo mantenimento e la cura della sua persona il 60% dei redditi percepiti, risparmiando il residuo 40%: questa percentuale di risparmio portava ad un capitale di € 114.659,40, soldi “che devono ritenersi incassati” dalla figlia Lucilla;
  • esclusa la riconducibilità della complessiva somma di € 114.659,40 a donazione remuneratoria o ad obbligazione naturale, era da considerare che la stessa avesse dato luogo ad un “complesso di donazioni lesive della quota di riserva”.

Lucilla propone ricorso per Cassazione, censurando la sentenza impugnata sotto due profili:

1) per avere ritenuto donazione di denaro meritevole di collazione l’apporto che la defunta madre avrebbe conferito alla figlia convivente, ingiustamente considerando lesivo un importo ridotto e diluito nel tempo (24 anni) di 400 euro mensili; e ciò attraverso l’utilizzazione di presunzioni relative alla buona salute della de cuius, alla sobrietà delle condizioni di vita della medesima, e quindi alle ridotte esigenze di vita che le avrebbero consentito di vivere con il 60% di quanto incassato, presumendo che il residuo 40% sia stato donato alla figlia convivente;

2) per avere omesso l’esame circa un fatto decisivo per il giudizio, relativo alla convivenza fra la de cuius e la ricorrente, tale da impedire ontologicamente la configurabilità di una donazione, atteso che gli apporti dei conviventi, lungi dal costituire donazioni, si concretano in conferimenti vicendevoli.

Per la Suprema Corte le censure sono fondate; sul punto evidenzia quanto segue:

il presupposto dell’obbligo di collazione è, dunque, che il coerede ad esso tenuto abbia ricevuto beni o diritti a titolo di liberalità dal “de cuius”, direttamente o indirettamente tramite esborsi effettuati da quest’ultimo;

b) non sono soggette, peraltro, a collazione né alla riduzione a tutela della quota riservata ai legittimari le attribuzioni o elargizioni patrimoniali senza corrispettivo operate in favore di persona convivente (nella specie, si assume, fatte dalla madre, morta a 98 anni, in favore della figlia con lei unica convivente nel corso di ventiquattro anni), ove non sia accertato che le stesse fossero state poste in essere per spirito di liberalità, e cioè con la consapevole determinazione dell’arricchimento del beneficiario, e non invece per adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza;

c) pertanto, i giudici del merito avrebbero dovuto accertare l’esclusivo spirito di liberalità che avesse assistito ogni dazione di denaro dalla madre alla figlia convivente

Da ciò discende il seguente principio di diritto: “al fine di ravvisare presuntivamente la sussistenza di plurime donazioni di somme di denaro fatte dalla madre alla figlia convivente, soggette all’obbligo di collazione ereditaria ed alla riduzione a tutela della quota di riserva degli altri legittimari, tratte dalla differenza tra i redditi percepiti dalla de cuius durante il periodo di convivenza e le spese ritenute adeguate alle condizioni di vita della stessa, occorre considerare altresì in che misura tali elargizioni potessero essere giustificate dall’adempimento di obbligazioni nascenti dalla coabitazione e dal legame parentale, e dunque accertare che ogni dazione fosse stata posta in essere esclusivamente per spirito di liberalità”.

Fonte: AvvocatoAndreani.it

Provvedimento del 27 aprile 2023 [9896468]

[doc. web n. 9896468 ]

Provvedimento del 27 aprile 2023

Registro dei provvedimenti
n. 173 del 27 aprile 2023

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti, e il cons. Fabio Mattei segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016 (di seguito “Regolamento”);

VISTO il d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali, di seguito “Codice”) come novellato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101 recante “Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679”;

VISTO il verbale di accertamento redatto dalla Guardia di finanza, Tenenza XX, in data 05/11/2020 presso l’area situata in XX, fraz. XX, di proprietà del sig. XX, con cui è stata accertata la presenza di un impianto di videosorveglianza, attivo e funzionante, idoneo a riprendere la strada pubblica;

ESAMINATA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il prof. Pasquale Stanzione;

PREMESSO

1. L’accertamento della Guardia di finanza.

Con nota pervenuta il 20/11/2020, il Nucleo tutela privacy e frodi tecnologiche della Guardia di finanza trasmetteva a questa Autorità il verbale redatto dalla Guardia di finanza, Tenenza XX, inerente a un controllo dalla stessa effettuato in materia ambientale, in data 05/11/2020, presso l’area situata nella frazione XX di XX, di proprietà del sig. XX.

Nel corso dell’accertamento, la Guardia di finanza verificava la presenza di un sistema di videosorveglianza, composto da undici telecamere posizionare sul muro perimetrale dell’abitazione del sig. XX, tutte funzionanti e idonee alla rilevazione, alla registrazione e alla conservazione delle immagini.

In particolare, dall’accertamento eseguito, risultava che sei telecamere riprendevano la strada pubblica. 

A fronte del trattamento dei dati personali realizzato per mezzo del suddetto impianto, l’Ufficio inviava una comunicazione al sig. XX, volta a conoscere le misure adottate per conformarsi ai principi in materia di protezione dei dati personali, con riferimento alla dislocazione delle telecamere orientate sulla strada pubblica (nota del 10/02/2021, prot. n. 8343).

In considerazione del mancato riscontro alla predetta richiesta, delegava il Nucleo tutela privacy e frodi tecnologiche della Guardia di finanza a raccogliere ulteriori elementi di valutazione (nota del 17/02/2022, prot. n. 11079).

Il predetto Nucleo procedeva alla notifica della richiesta di informazioni redigendo un verbale di operazioni compiute, datato 17/03/2022, dal quale risultava che:

– l’impianto di videosorveglianza era stato installato per finalità di sicurezza e tutela della proprietà privata;

– inizialmente l’impianto era composto da 11 telecamere, posizionate sulle pareti dell’immobile, mentre, a seguito di alcuni lavori di ristrutturazione nonché a causa dell’avaria di alcune telecamere dovuta a fenomeni temporaleschi, al momento del sopralluogo risultavano attive e funzionanti solo 4 telecamere delle 5 presenti;

– l’angolo di visuale di due telecamere ricomprendeva “anche la via comunale di passaggio adiacente all’immobile e le limitrofe proprietà confinanti”.

L’Ufficio, sulla base degli accertamenti eseguiti di cui al predetto verbale, a notificare, con nota del 27/05/2022 (prot. n. 29035), al sig. XX l’avvio del procedimento per l’adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 58, par. 2, e 83 del Regolamento, in conformità a quanto previsto dall’art. 166, comma 5, del Codice, in relazione alla violazione degli artt. 5, par. 1, lett. a) e 6 del Regolamento.

La parte, nonostante sia stata informata dall’Ufficio della possibilità di produrre scritti difensivi o documenti in relazione al procedimento a suo carico, non ha fatto pervenire alcuna documentazione al riguardo, né ha fornito, come richiesto, indicazioni in ordine alle misure adottate per rendere conforme il trattamento al Regolamento, con particolare riferimento alla modifica dell’angolo di visuale delle telecamere in modo da evitare la ripresa di aree che non siano di pertinenza o l’adozione di idonee misure, quali ad. es. l’oscuramento digitale delle aree eccedenti. 

2. Il quadro giuridico del trattamento effettuato.

In via generale, si osserva che, in base all’art. 2, par. 2 del Regolamento, quando il trattamento è effettuato da una “persona fisica per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico”, non trovano applicazione le disposizioni del Regolamento. A tal proposito, il considerando n. 18 del Regolamento specifica che si considera “attività a carattere esclusivamente personale o domestico” quella effettuata senza che si realizzi una connessione con un’attività commerciale o professionale.

L’utilizzo di sistemi di videosorveglianza da parte di persone fisiche nelle aree di diretto interesse (quali quelle inerenti al proprio domicilio e le sue pertinenze) sono quindi da ritenersi, in linea di massima, escluse dall’ambito di applicazione materiale delle disposizioni in materia di protezione dati, perché rientranti tra i trattamenti effettuati per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale e domestico. Ciò a condizione che l’ambito di comunicazione dei dati non ecceda la sfera familiare del titolare e le immagini non siano oggetto di comunicazioni a terzi o diffusione e il trattamento non si estenda oltre gli ambiti di stretta pertinenza del titolare riprendendo immagini in aree comuni (anche di tipo condominiale quali scale, androni, parcheggi), luoghi aperti al pubblico (vie o piazze), o aree di pertinenza di terzi (giardini, terrazzi, porte o finestre di pertinenza di terzi).

In tali circostanze, dunque, il trattamento effettuato deve ritenersi illecito in quanto privo di un’idonea base giuridica.

Soltanto in presenza di situazioni di rischio effettivo, il titolare del trattamento può, sulla base di un legittimo interesse, estendere la ripresa delle videocamere anche ad aree che esulano dalla propria esclusiva pertinenza, purché ciò sia adeguatamente motivato e suffragato da idonea documentazione (es. denunce, minacce, furti). In tali casi, il titolare del trattamento è tenuto al rispetto delle disposizioni in materia di protezione dati personali, rinvenibili nelle Linee guida n. 3/2019, sul trattamento dei dati personali attraverso dispositivi video, adottate dal Comitato europeo per la protezione dei dati e nel Provvedimento generale in materia di videosorveglianza dell’8 aprile 2010 (reperibile sul sito dell’Autorità www.gpdp.it, doc. web 1712680).

Nel caso che ci occupa, l’istruttoria svolta ha evidenziato che la ripresa delle aree ultronee rispetto a quelle di pertinenza è avvenuta in assenza di idonei presupposti di legittimità, considerato che il titolare del trattamento non ha dimostrato la sussistenza di un legittimo interesse riferito a una situazione di rischio effettivo che avrebbe giustificato tale trattamento.

4. Conclusioni: illiceità del trattamento effettuato.

Alla luce delle valutazioni che precedono, considerati tutti gli elementi acquisiti nel corso dell’istruttoria, si ritiene che la condotta posta in essere dal sig. XX contraria al principio di liceità di cui all’art. 5, par. 1, lett. a, del Regolamento, nonché priva di idonei presupposti di legittimità ai sensi dell’art. 6 del medesimo Regolamento.

Il Garante, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. i) del Regolamento e dell’art. 166 del Codice, ha il potere di infliggere una sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 83, par. 5, del Regolamento, mediante l’adozione di una ordinanza ingiunzione (art. 18. legge 24 novembre 1981 n. 689), in relazione al trattamento dei dati personali effettuato per mezzo dell’impianto di videosorveglianza. 

Con riferimento agli elementi elencati dall’art. 83, par. 2, del Regolamento ai fini dell’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria e della relativa quantificazione, tenuto conto che la sanzione deve essere “in ogni singolo caso effettiva, proporzionata e dissuasiva” (art. 83, par. 1 del Regolamento), si rappresenta che, nel caso di specie, sono state tenute in considerazione le circostanze sotto riportate:

con riguardo alla natura, gravità e durata della violazione, è stata presa in considerazione la condotta del titolare del trattamento che, in assenza di comunicazioni, risulta ancora in corso coinvolgendo un numero indefinito di interessati;

la circostanza che non vi è stata alcuna partecipazione e cooperazione con l’Autorità nel corso del procedimento con la conseguente impossibilità di verificare che siano state adottate misure idonee per attenuare il danno subito dagli interessati.

In ragione dei suddetti elementi, valutati nel loro complesso, si ritiene di determinare l’ammontare della sanzione pecuniaria nella misura di euro 400,00 (quattrocento) per la violazione degli artt. 5, par. 1, lett. a) e 6 del Regolamento.

In tale quadro, anche in considerazione della tipologia di violazione accertata, si ritiene che, ai sensi dell’art. 166, comma 7, del Codice e dell’art. 16, comma 1, del regolamento del Garante n. 1/2019, si debba procedere alla pubblicazione del presente provvedimento sul sito internet del Garante.

Si rileva, infine, che ricorrono i presupposti di cui all’art. 17 del regolamento n. 1/2019 concernente le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti e all’esercizio dei poteri demandati al Garante.

TUTTO CIÒ PREMESSO, IL GARANTE

dichiara, ai sensi degli artt. 57, par. 1, lett. f) e 83 del Regolamento, l’illiceità del trattamento effettuato dal sig. XX, nato a XX il X residente in XX (XX), Voc. XX n. XX, Fraz. XX, C.F. XX attraverso l’utilizzo del sistema di videosorveglianza, nei termini di cui in motivazione, per la violazione degli artt. 5, par. 1, lett. a) e 6 del Regolamento;

ORDINA

al sig. XX di pagare la somma di euro 400,00 (quattrocento) a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione indicata in motivazione;

INGIUNGE

al medesimo di conformare, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. d) del Regolamento, il trattamento dei dati posto in essere alle disposizioni del Regolamento, con riferimento alla dislocazione delle telecamere in modalità tale da limitare la ripresa alle aree di propria pertinenza;

di pagare la somma di euro 400,00 (quattrocento), secondo le modalità indicate in allegato, entro 30 giorni dalla notifica del presente provvedimento, pena l’adozione dei conseguenti atti esecutivi a norma dall’art. 27 della legge n. 689/1981. Si rappresenta che ai sensi dell’art. 166, comma 8 del Codice, resta salva la facoltà per il trasgressore di definire la controversia mediante il pagamento – sempre secondo le modalità indicate in allegato – di un importo pari alla metà della sanzione irrogata entro il termine di cui all’art. 10, comma 3, del d. lgs. n. 150 del 1° settembre 2011 previsto per la proposizione del ricorso come sotto indicato.

DISPONE

ai sensi dell’art. 166, comma 7, del Codice e dell’art. 16, comma 1, del regolamento del Garante n. 1/2019, la pubblicazione del presente provvedimento sul sito web del Garante e ritiene che ricorrano i presupposti di cui all’art. 17 del regolamento n. 1/2019.

Si dispone, inoltre, che siano comunicate le iniziative intraprese al fine di dare attuazione a quanto disposto con il presente provvedimento e di fornire comunque riscontro adeguatamente documentato ai sensi dell’art. 157 del Codice, entro il termine di 90 giorni dalla data di notifica del presente provvedimento; l’eventuale mancato riscontro può comportare l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 83, par. 5, lett. e) del Regolamento.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento è possibile proporre ricorso dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 27 aprile 2023

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Stanzione

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei

Fonte: garanteprivacy.it

Quando il decreto ingiuntivo non contiene alcuna motivazione in ordine alla qualifica, come consumatori o professionisti, dei fideiussori ingiunti

Tribunale Milano, 18 Maggio 2023. Est. Chieffo.

Fideiussore consumatore – Opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma ii c.p.c. – Decreto ingiuntivo definitivo – Legittimità opposizione tardiva – Fideiussione abi parzialmente nulla

In un procedimento di opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma II c.p.c., il ricorrente (fideiussore consumatore) ha sostenuto la fondatezza dell’opposizione pur a fronte del passaggio in giudicato del titolo posto alla base della procedura esecutiva (decreto ingiuntivo non opposto).


Il Tribunale di Milano, in adesione alle tesi del ricorrente, ha verificato, in linea con le recenti Sezioni Unite del 6/4/2023 n. 9479, che il decreto ingiuntivo posto alla base dell’esecuzione non contiene nel caso di specie alcuna motivazione in ordine alla qualifica, come consumatori o professionisti, dei fideiussori ingiunti e che il decreto non contiene, neppure, alcuna motivazione in ordine alla presenza o meno di clausole in ipotesi abusive. 


Fatte queste verifiche, il Tribunale meneghino individua nell’opposizione tardiva al decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 650 c.p.c., il rimedio esperibile dal consumatore/opponente, precisando che al giudice dell’esecuzione non competa alcuna valutazione della possibile fondatezza dei motivi di opposizione che involgano la questione del carattere abusivo delle clausole contrattuali su cui si fondi il credito portato dal decreto ingiuntivo non opposto, bensì il solo rilievo del “possibile carattere abusivo di una clausola contrattuale”, ovvero anche della insussistenza dell’abusività e il conseguente avviso al debitore in ordine alla possibilità di proporre opposizione; tenuto conto che nel caso di specie l’opponente aveva introdotto opposizione ex art. 615 comma 2, c.p.c., il Tribunale ha ritenuto opportuno sentire i debitori in ordine alla intenzione di avvalersi della eventuale nullità di protezione onde assegnare il termine di 40 giorni per l’introduzione dell’eventuale giudizio di opposizione tardiva (in linea con Cass. sez Un. cit. paragrafo 8.2.1.2.). (Francesca Greblo) (riproduzione riservata)


Segnalazione dell’Avv. Francesca Greblo

Fonte: IlCaso.it